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Edith COGNIGNI, Paola LEONE

 

“GNILT – Globally Networked Italian Language Teaching” : uno scenario formativo di telecollaborazione per ridurre le distanze

 

Edith Cognigni
Università di Macerata
edith.cognigni@unimc.it

Paola Leone
Università del Salento
paola.leone@unisalento.it


Abstract

The current study is an empirical investigation of the agency expressed by Italian future teachers in an online project called Globally Networked Italian Language Teaching (GNILT), which was integrated in two post-graduate courses on the teaching of Italian as L2, held at the University of Macerata and the University of Salento. GNILT was an experience of collaborative planning and teaching of a task that future teachers had to test during an online lesson with students of Italian as L2 from a Turkish and a North-American University. For the current research, agency is an individual’s ability to analytically and critically assess different experiences and to actively participate in different teaching contexts. A thematic analysis has been carried out focusing on the language used by future teachers (n. 17) in final questionnaires, presentation files for assessing the training experience and discussion forums. The investigation shows that future teachers: a) reiterate teacher-centered models; b) rarely reflect on their responsibilities when unsuccessful events occur; c) sometimes manifest the emergence of a “collective agency” thanks to technology mediated collaborative work with their colleagues.


Introduzione

Il presente studio[1] è un’esplorazione empirica dell’agency (agentività) espressa in alcuni testi da partecipanti ad un progetto online per la formazione iniziale per l’insegnamento a distanza dell’italiano L2. Il progetto, denominato Globally Networked Italian Language Teaching (GNILT), comprende un percorso formativo e un’esperienza di pianificazione didattica collaborativa e di insegnamento a distanza dell’italiano come lingua straniera, integrata in un corso magistrale di Didattica dell’italiano L2 dell’Università del Salento (referente: Paola Leone) e nelle attività di tirocinio del Master ITALINT dell’Università di Macerata[2] (referente: Edith Cognigni). Con agency si intende la capacità di valutare, in modo analitico e critico, le opportunità offerte dalle varie esperienze e di intervenire attivamente nei diversi contesti didattici.  L’agentività, a nostro avviso indispensabile nella pratica di insegnamento, deve infatti maturare sin dalle prime fasi di sviluppo delle competenze professionali, soprattutto nei casi in cui il percorso di formazione si configura come evento innovativo che vede il partecipante quale attore del processo professionalizzante. Se ciò non accade, occorre intervenire sulla struttura della proposta formativa per migliorarne la qualità. La nostra indagine si ispira al lavoro di Priestley et al. (2015) che, pur riguardando il contesto professionale, consente di esplorare anche ambienti formativi. Essa si realizza nella logica di un percorso di ‘ricerca-azione’, per esaminare la natura dell’esperienza GNILT al fine di promuovere futuri interventi migliorativi della pratica formativa. Più propriamente, tale procedura dovrebbe essere, forse, definita ‘azione-ricerca’ per sottolineare che, come nel caso dato, l’agire formativo precede la ricerca. Gli stessi attori coinvolti, attraverso l’analisi delle opinioni di altri partecipanti all’iniziativa, delineano il valore educativo delle varie strategie messe in pratica. Non deve sorprendere, quindi, se le ricercatrici sono le coordinatrici e le docenti del progetto di formazione e se i dati usati per l’indagine sono testi realizzati a scopo didattico e non scientifico. Questi ultimi, poiché esprimono le convinzioni e il pensiero dei partecipanti, sono una risorsa che reca vantaggio al presente studio. La definizione che meglio aderisce alle procedure di indagine seguite è quella di McNiff & Whitehead (2006: 7): «a form of enquiry that enables practitioners everywhere to investigate and evaluate their work».

GNILT mette al centro varie forme di distanza per poterle colmare attraverso l’esperienza. Come tutti i progetti di telecollaborazione, in primo luogo, la distanza geografica tra i partecipanti, che si affronta e si riduce. Grazie all’uso delle tecnologie, come afferma Rossi (2010: 50), «la distanza diventa abitata». In secondo luogo, la distanza culturale (es. valori, idee, conoscenze) tra comunità di apprendimento. In terzo luogo, lo spazio virtuale che separa chi ricopre ruoli differenti all’interno di un processo formativo. La nostra ricerca si focalizza su quest’ultima tipologia di distanza, quella cioè tra modelli formativi che caratterizzano la storia personale e professionale dei corsisti e il percorso innovativo in essere, quindi anche tra formatore-formando e tra gli insegnanti in formazione e gli studenti partecipanti alla sperimentazione (insegnante-allievo).

 

1.  La cornice teorica

1.1 Educare alla telecollaborazione: l’esperienza del progetto GNILT

I progetti di telecollaborazione per la formazione insegnanti non sono recenti. Uno dei modelli cardine, denominato F1L di Develotte et al. (2005; cfr. CAPPELLINI, HSU 2019), propone un’esperienza didattica situata durante la quale i futuri docenti sperimentano con allievi di L2 un’attività online, basata su materiali multimediali. Allo stesso modo, l’idea progettuale di Müller-Hartmann (2006) si fonda su un partenariato internazionale telecollaborativo al quale partecipano insegnanti in formazione preliminare e in servizio che devono potenziare la loro competenza culturale e linguistica in inglese L2. Entrambe le iniziative si fondano su una visione esperienziale dello sviluppo professionale, con particolare riferimento alla capacità di agire; la seconda intende, inoltre, promuovere la capacità di riflettere sul proprio operato. Se le prime attività di formazione si svolgevano con gruppi ristretti, esperienze più recenti riguardano un pubblico più ampio (es. EVALUATE project; BARONI et al. 2019).

Dal punto di vista teorico e metodologico, la tendenza attuale conferma quanto già definito in passato, ovvero il ruolo educativo dell’esperienza diretta di telecollaborazione, che può condurre il futuro insegnante a presentare e gestire in classe attività comunicative mediate dal computer in modo più consapevole. Nel modello proposto da Baroni et al. (2019) per il progetto EVALUATE, denominato Progressive Exchange Telecollaborative (PET), la telecollaborazione è finalizzata alla definizione di attività da sperimentare in futuro con gli studenti. La ricerca sull’efficacia della telecollaborazione per la formazione professionale ha riguardato diversi ambiti e conferma i vantaggi dell’approccio esperienziale. Citiamo solo alcuni studi: ad esempio, Vinagre (2017) sottolinea che un progetto di scambio mediato dal computer tra docenti, il cui scopo è discutere contributi sulla telecollaborazione, potenzia la conoscenza e le competenze procedurali relative alle pratiche didattiche in cui si fa uso delle tecnologie della comunicazione. Cappellini e Hsu (2019) evidenziano che la partecipazione a progetti esperienziali telecollaborativi, nei quali si prevede la scrittura di diari riflessivi, matura competenze che gli studiosi, in linea con Guichon (2012), chiamano tecno-semio-pedagogiche, ovvero conoscenze e capacità per applicare la comunicazione mediata dal computer alle diverse finalità didattiche e pedagogiche. Si tratta di competenze che Cappellini e Hsu (2019: 9) spiegano anche in termini di «awareness and ability to use the affordances of the online environments». Il termine affordances ritorna spesso in letteratura, per ricordare che l’insegnante deve saper esplorare le potenzialità offerte dal sistema delle risorse tecnologiche.

Concludendo, in linea con altri progetti e con le ricerche condotte sulla telecollaborazione e sulla formazione insegnanti, GNILT associa l’esperienza diretta di cooperazione a distanza per la preparazione di compiti didattici (task) con la sperimentazione degli stessi con apprendenti di italiano L2. Al centro del progetto è l’approccio esperienziale e una visione dell’insegnante riflessivo che esplora soluzioni e non ‘viene formato da altri’. In tal modo, l’iniziativa progettuale intende capovolgere la prospettiva formativa per mettere al centro l’insegnante che, formandosi, costruisce significati personali. L’insegnante è attore del percorso formativo: l’apprendimento, infatti, in età adulta deve essere volontario e deve condurre verso l’autonomia e il potenziamento della capacità di collaborare con altri colleghi (es. peer teaching, scambio di esperienze; NETOLICKY et al. 2019).

1.2 La nozione di agentività nella formazione insegnanti

In letteratura la nozione di agentività è interpretata in modi differenti. Alcuni studi (cfr. ad es. HOLLIS 1994 in PRIESTLEY et al. 2015) considerano tale componente una capacità innata e una variabile che definisce i contesti sociali in cui si opera. Altri orientamenti scientifici (EMIRBAYER, MISCHE 1998) propongono una nozione di agentività come fenomeno emergente, frutto di capacità individuali, di risorse e potenzialità presenti negli ambienti in cui gli individui agiscono. Poiché mette in rilievo sia la dimensione individuale sia contestuale dell’agire, quest’ultima concettualizzazione di agentività è ecologica (PRIESTLEY et al. 2015). Essa si associa all’intenzionalità individuale, ovvero alla «capacity to formulate possibilities for action, active consideration of such possibilities and the exercise of choice» (PRIESTLEY et al. 2015)[3], in risposta ai fattori sociali e materiali presenti nell’ambiente. Per comprendere la natura del comportamento umano e l’agentività degli individui è necessario quindi interrogarsi sul modo in cui i singoli si relazionano con le proprietà del contesto in cui operano.

Tre dimensioni caratterizzano il concetto di agentività nel modello di Priestley et al. (Diagramma 1): a) iterativa, che risente delle influenze del passato; b) pratico-valutativa, ossia il grado di coinvolgimento nelle attività che si svolgono nel presente (hic et nunc); c) proiettiva, ovvero l’orientamento verso il futuro a breve o a lungo termine. L’impatto che le singole dimensioni hanno sul comportamento varia a seconda degli ambienti in cui si opera.

 

2.  Il contesto e le fasi della ricerca-azione

 

Come anticipato, il progetto GNILT si poneva come obiettivo principale di potenziare le competenze didattiche degli studenti dell’Università di Macerata (Unimc) e dell’Università del Salento (Unisalento) che, attraverso l’uso delle TIC, hanno progettato compiti didattici di lingua e cultura italiana per gli studenti di alcuni atenei stranieri. Due sono gli assi principali intorno ai quali è stato strutturato il percorso formativo:

  • la telecollaborazione, che ha previsto la formazione e progettazione collaborativa tra gli studenti italiani di attività didattiche basate sulla metodologia del task-based language teaching (d’ora in poi TBLT);
  • la Didattica a Distanza (DaD) dell’italiano come lingua straniera a studenti alloglotti provenienti da due diverse realtà accademiche.

Nell’a.a. 2020-21 hanno partecipato al progetto una selezione di studenti di italiano della Yildiz Technical University di Istanbul, coordinati dalla prof.ssa Anna Lia Proietti, e un gruppo di studenti della Miami University (Ohio), coordinati dal prof. Daniele Fioretti. Complessivamente hanno partecipato alla sperimentazione circa 30 studenti di livello linguistico non autonomo (A1-A2 a seconda dei casi).

Il progetto si è articolato in 4 fasi principali, che hanno permesso agli insegnanti in formazione di approfondire alcuni contributi su specifici temi glottodidattici, di interagire in forum in piccoli gruppi, e, successivamente, di progettare e sperimentare delle attività didattiche mirate ai destinatari (studenti di italiano L2) sotto la costante guida delle coordinatrici del progetto. Di seguito si illustrano in dettaglio le diverse fasi del progetto, svoltosi tra marzo e maggio 2021 grazie al supporto di alcune piattaforme di telecollaborazione.

2.1 Le fasi del progetto

In una primissima fase (Fase 0), di conoscenza reciproca e familiarizzazione con i contesti didattici della sperimentazione didattica, i corsisti sono stati invitati a pubblicare in un padlet una loro breve presentazione e a partecipare ad alcuni incontri online svoltisi in sincrono sulla piattaforma BlackBoard Collaborate dell’Università di Macerata. Sono stati spiegati gli obiettivi e le fasi dell’iniziativa e offerti alcuni approfondimenti teorico-metodologici, legati ai temi del progetto grazie a un webinar tenuto dai due docenti delle università straniere partecipanti[4].

Nella prima fase di GNILT, svoltasi ad aprile 2021, sono state quindi proposte alcune sessioni di telecollaborazione in uno spazio dedicato della piattaforma Moodle di Unisalento: gli studenti, divisi in gruppi misti per sede di provenienza, hanno approfondito e discusso gli studi teorici inerenti ai temi del TBLT e all’uso delle TIC, a partire dagli stimoli di discussione forniti dalle docenti. Abbiamo inoltre illustrato degli esempi di task realizzati in altri ambiti formativi. Questa prima fase di studio ha inoltre previsto la raccolta di informazioni sui bisogni di apprendimento degli studenti di italiano mediante due canali principali: a) la pagina Facebook del progetto[5], in cui gli studenti delle università straniere erano stati invitati a depositare una propria presentazione video al fine di valutarne le abilità di produzione orale; b) la realizzazione di un questionario online che, grazie al supporto dei docenti referenti delle due università straniere, è stato poi somministrato agli studenti al fine di conoscerne gli interessi e le motivazioni principali allo studio dell’italiano.

La documentazione così raccolta è stata poi oggetto di discussione nel forum e base per la pianificazione collaborativa dei task da sperimentare in una sessione online sincrona con gli studenti statunitensi e turchi. Un momento particolarmente costruttivo di questa prima fase è stato l’incontro finale in cui i vari gruppi hanno presentato le loro pianificazioni didattiche; all’evento ha partecipato anche la prof.ssa Solange Aranha dell’Universidade Estadual Paulista (Brasile), esperta di didattica delle lingue e di telecollaborazione, che, insieme alle docenti referenti, ha dato utili feedback per perfezionare i task progettati dai partecipanti. La comunicazione durante l’incontro, a carattere plurilingue, è avvenuta in inglese come lingua di mediazione principale e tramite l’intercomprensione portoghese-italiano.

La seconda fase del progetto, svoltasi nel mese di maggio, ha visto l’organizzazione di una sessione sincrona tra i corsisti delle 4 università partecipanti: gli studenti di Unimc e di Unisalento, suddivisi in piccoli gruppi misti, hanno sperimentato il task progettato con un piccolo gruppo misto di allievi della Yildiz Technical University (Turchia) e dell’Università di Miami (Ohio), alternandosi nel ruolo di insegnanti e di osservatori.

La fase finale del progetto (Fase 3) mirava a stimolare negli insegnanti in formazione una riflessione sull’esperienza condotta, sollecitando un confronto sugli aspetti positivi e quelli migliorabili dei vari task elaborati.  In un primo momento è stato chiesto loro di: a) riflettere in forum sulla sperimentazione didattica svolta; b) cercare di capire quali fossero i criteri a partire dai quali esprimessero il proprio giudizio. I partecipanti sono stati quindi invitati a pensare ad un argomento da trattare durante l’incontro finale in sincrono, al quale ha preso nuovamente parte la Prof.ssa Aranha, oltre ai docenti referenti delle 4 università coinvolte. Anche quest’ultima iniziativa si è svolta in modalità plurilingue, utilizzando l’italiano, l’inglese e in parte il portoghese. Alla fine dell’esperienza i partecipanti hanno risposto ad un questionario di valutazione dell’esperienza.

 

3.  Metodologia di indagine

 

Oggetto di indagine sono il lessico e il discorso utilizzati dai formandi (n. 17) per parlare dell’iniziativa progettuale. Lo scopo del lavoro è duplice: da un lato si vuole delineare la percezione dell’esperienza, dall’altra si intende mettere in luce segnali, seppur tenui, di agency da parte dei docenti in formazione. Quest’ultima si evidenzia anche nel modo in cui i partecipanti prendono le distanze da modelli formativi tradizionali per interrogarsi sulle caratteristiche (es. culturali, strutturali e relative ai materiali utilizzati), e sui processi propri del nuovo percorso educativo professionale, in cui il futuro insegnante è protagonista attivo del complesso ed articolato scenario formativo. Un quesito è trasversale alle varie domande di ricerca: in che misura il vocabolario e il discorso dei docenti in formazione esprime contenuti e concetti rilevanti per maturare agency? Collegandosi alla definizione di agency data da Priestley et al. (2015), si desidera ivi mettere a fuoco la capacità del formando di riflettere e interrogarsi sulla nuova azione, facendo scelte innovative che marcano la distanza dalle precedenti storie di vita e professionali, spesso caratterizzate da ruoli sociali rigidi, da una visione verticale e normativa dell’educazione (LEONE 2003).

Lo studio, di tipo qualitativo-descrittivo, si è svolto nella logica di un progetto di ricerca e azione. L’analisi dei dati è stata realizzata in due fasi, seguendo le tappe proprie di un’indagine tematica (VAISMORADI et al. 2016) e mettendo al centro il linguaggio quale strumento per esprimere le proprie convinzioni e, allo stesso tempo, per pensare e rielaborare quanto esperito. In una prima fase, induttivamente, abbiamo evidenziato nei dati i principali temi trattati. Successivamente abbiamo letto, in modo condiviso, le varie informazioni raccolte, alla luce del modello di agency di Priestley et al. (2015); in particolare, guidate dalla definizione delle tre dimensioni raffigurate nel diagramma 1, abbiamo messo a fuoco le varie distanze che il corso aveva o meno colmato e il lessico che richiamava la nozione di agentività. I quesiti di ricerca, che saranno approfonditi nel paragrafo successivo, sono i seguenti:

  1. Quale rappresentazione possiedono i formandi dell’esperienza formativa? In che misura i loro giudizi sono analitici e reiterano modelli tradizionali?
  2. Quale relazione sociale emerge tra gli attori del processo formativo? In che misura emerge la capacità di riflettere criticamente e la consapevolezza delle capacità personali di intervenire sul contesto (teacher agency)?
  3. Qual è l’impatto delle risorse tecnologiche e dei materiali utilizzati sulla capacità individuale di gestire la situazione didattica?

3.1 Dati

I dati utilizzati per il presente studio sono le risposte date dai formandi in questionari finali di valutazione, interventi nei forum, valutazioni della sperimentazione didattica, realizzate con un software (Powerpoint del pacchetto Office). I corsisti sono 17 e sono stati suddivisi in 7 piccoli gruppi (3 gruppi composti da 3 studenti/studentesse; 4 da 2 studenti/studentesse). Sebbene tali dati siano una risorsa didattica e non uno strumento di indagine scientifica, riteniamo che possano essere utilizzati per il presente studio in quanto esprimono le convinzioni e il pensiero dei partecipanti.

Il questionario finale (d’ora in avanti anche Q), somministrato online, si compone di 3 domande con risposta chiusa a scala Likert (5 punti) e una domanda aperta. I quesiti erano: 1) Quanto ti è piaciuto partecipare a GNILT?; 2) Quanto ti sei divertito/a?; 3) Hai imparato qualcosa? Infine, la sezione “commenti” a risposta aperta chiudeva il breve sondaggio.

I dati ottenuti tramite i forum (F) pubblicati sulla piattaforma Moodle del corso sono risposte al seguente quesito: «In che modo valutate la sperimentazione didattica? Su quale base esprimete il vostro giudizio a riguardo (es. a partire dalla reazione degli studenti)? Pensate un argomento da trattare durante l’incontro con la Prof.ssa Aranha. Selezionatelo, tenendo conto della vostra sperimentazione didattica, anche se non è stata come avreste voluto». Le partecipanti e i partecipanti hanno risposto in piccolo gruppo, ad eccezione di un gruppo (B), le cui componenti hanno ritenuto opportuno esprimere una loro opinione singolarmente. Alcuni interventi sono molto brevi, 133 parole, altri invece argomentano in modo più approfondito l’esperienza (540 parole, risposta da parte di una componente del gruppo B).

La sintesi e la valutazione della sperimentazione didattica, illustrata in una presentazione in formato digitale (P), è l’esito di un lavoro di gruppo.

 

4.  Analisi e discussione dei dati

4.1 La percezione dell’esperienza formativa tra dimensione iterativa e pratico-valutativa

La prima domanda di ricerca (Quale rappresentazione possiedono i formandi dell’esperienza formativa? In che misura i loro giudizi sono analitici e reiterano modelli tradizionali?) approfondisce la rappresentazione dei partecipanti circa l’esperienza collaborativa condotta, in termini di «idee, valori, credenze» (v. dimensione pratico-valutativa nel diagramma 1), poiché questi ultimi possono influire sulla percezione, in senso positivo o negativo, della sperimentazione didattica realizzata. Da un’analisi qualitativa dei questionari finali (Q) e dalle interazioni in forum (F) con cui i formandi riflettono sull’esperienza condotta discende la possibilità di valutare in che misura i loro giudizi reiterino modelli tradizionali di insegnamento, che sono in primis ‘culturali’, oltre che legati alla personale esperienza di apprendimento o di insegnamento delle lingue straniere: come vedremo, infatti, nel modello di agency sopra descritto, la dimensione iterativa (che include le storie professionali e i percorsi biografici) è strettamente correlata a quella pratico-valutativa, nei suoi diversi aspetti culturali, strumentali o materiali.

Nell’esaminare i giudizi in cui emerge una relativa capacità analitica da parte dei partecipanti, si nota innanzitutto come la percezione positiva dell’esperienza si lega spesso alla telecollaborazione (v. estratti Q1 e F1), al feedback positivo degli studenti (v. estratto F1, gruppo E) o alla possibilità di perfezionare le proprie conoscenze e competenze in campo glottodidattico (v. estratto Q2).

Q1: Mi sono trovata bene con la mia collega durante tutta l’esperienza. Sono contenta di averne fatto parte.

F1: Il nostro giudizio parte proprio dalla reazione e dall’atteggiamento positivo degli studenti. […] è stata una bellissima esperienza intraprendere questo percorso insieme a voi!

Q2: E’ stato un bel progetto che mi ha permesso di approfondire l’insegnamento dell’italiano come L2.

Questi dati avvalorano i presupposti stessi del progetto, fondato sulla validità dello scambio online interculturale e partecipato come modalità privilegiata per co-costruire le competenze didattiche dei formandi, stimolando il confronto reciproco e la riflessività.

D’altro canto, la percezione negativa dell’esperienza è attribuita generalmente a fattori esterni, legati alle condizioni materiali (risorse disponibili, ambiente fisico… ) in cui è stata svolta la sperimentazione, come ad esempio la scarsità di tempo a disposizione (v. estratti Q3-4), un’organizzazione imperfetta dell’iniziativa o la poca chiarezza delle indicazioni fornite (v. estratto Q5).

Q3: Purtroppo il tempo per svolgere il task è stato poco.

Q4: […] il tempo non ci è bastato e non siamo riusciti a terminare l’attività. Peccato.

Q5: Organizzazione non delle migliori. Indicazioni poco chiare.

Il tema della perfettibilità dell’organizzazione ritorna in altri commenti nei forum, come per esempio in quello del gruppo B in cui una studentessa italiana ragiona su una possibile diversa strutturazione della sessione di sperimentazione del task (v. estratto F2).

F2: Personalmente, non avrei svolto la prima attività in plenum su Padlet (di presentazione) o eventualmente non gli avrei dedicato 30 minuti, ma avrei lasciato a noi singoli “docenti” di farlo con i ragazzi del nostro gruppo, […] per non rendere il tutto meccanico (entrare nelle breaking rooms> iniziare subito con le attività).

Il giudizio, analitico e contestualizzato, denota un certo grado di riflessività da parte della docente in formazione, ma solleva anche la questione dell’autorità dell’insegnante e come questa sia stata in parte delegittimata sottraendo tempo alle attività pianificate in gruppo. Seppure si esprima in fondo un giudizio personale («Personalmente, non avrei svolto… »), l’affermazione comprende l’uso di pronomi e aggettivi possessivi plurali («noi singoli “docenti”»; «i ragazzi del nostro gruppo»), quasi a voler sottolineare l’importanza di ‘un’ agentività collettiva’ nella conduzione della sperimentazione (cfr. par. 4.2). Tuttavia, qui come altrove, si evince la permanenza di un modello tradizionale di insegnamento in cui la distanza gerarchica insegnante-allievo svolge ancora un ruolo rilevante, nonostante la limitata differenza di età tra gli attori dell’azione didattica. L’influenza della dimensione iterativa su quella pratico-valutativa è ancora più evidente negli estratti seguenti in cui la richiesta degli studenti statunitensi di ricorrere all’inglese come lingua di mediazione viene interpretata come una deroga al patto educativo e, pertanto, disattesa dal gruppo, inducendo gli allievi ad abbandonare la sessione:

P1: Dopo esserci debolmente scusate per non aver ceduto al ricorso alla lingua inglese, abbiamo chiarito che utilizzare una lingua diversa dall’italiano non era proprio possibile. J. ha pertanto abbandonato la piattaforma, non riconoscendo la nostra autorità di insegnanti, venendo meno al Task.

P2: è entrato in gioco un fattore importante: la società a distanza gerarchica debole. […] ho potuto constatare come l’America sia più vicina a questo tipo di società dove il ruolo dello studente e del professore è quasi alla pari. La concezione che noi abbiamo del professore è totalmente diversa. Il professore deve essere rispettato e si eseguono le attività assegnate senza richiedere insistentemente l’uso di una lingua che non rientra nel progetto. Tutto questo ha creato un distacco, favorito dal fatto che la lezione fosse a distanza.

La consapevolezza che esista una diversa percezione della distanza gerarchica (cfr. ad es. HOFSTEDE 1986) nelle culture educative di riferimento tra insegnate-allievo non sembra tuttavia influire sulle capacità del gruppo di gestire la situazione didattica, il quale preferisce ‘attenersi’ ad una norma implicita nella cultura scolastica italiana piuttosto che ‘cedere’ alle insistenti richieste degli studenti. Il carattere normativo di questa distanza − culturale prima che didattica − è qui rafforzato dal ricorso al verbo modale («il professore deve essere rispettato») nonché dall’uso della forma impersonale («si eseguono le attività assegnate»).

La distanza gerarchica tra gli insegnanti in formazione e gli studenti partecipanti alla sperimentazione è, invece, percepita e risolta in modo differente dal gruppo E che, facendo leva sulla propria agentività, si è attivato in ogni modo per facilitare il compito agli studenti alloglotti, nonostante le condizioni materiali e il poco tempo a disposizione: «Il nostro intervento verso gli studenti è stato privo di autorità. Abbiamo fatto di tutto per farli sentire a proprio agio ed attraverso questa strategia i risultati ottenuti sono stati per lo più positivi e soddisfacenti» (P3).

Altri studenti attribuiscono l’esito insoddisfacente della sperimentazione alla scarsa motivazione o partecipazione da parte degli studenti stranieri (Q6: «Ho avuto grande entusiasmo nel prendere parte al progetto GNILT. Mi è dispiaciuto, tuttavia, non aver trovato persone interessate»), aggravata in alcuni casi dall’ulteriore ‘distanza’ creata dal malfunzionamento della strumentazione informatica: «Sulla base dell’interazione con i ragazzi non possiamo affermare che la sperimentazione sia stata sufficiente. Purtroppo, la scarsa conversazione e il mancato utilizzo di webcam, non ci ha permesso di svolgere tutte le attività che avremmo voluto presentare» (F3, gruppo A).

In altri casi, la frustrazione di non poter sperimentare appieno quanto progettato ha indotto alcuni formandi ad interrogarsi sull’importante ruolo che la motivazione svolge rispetto al grado di coinvolgimento degli studenti, limitandosi pur tuttavia, a giustificare la scarsa partecipazione di alcuni di loro con la mancata attribuzione di un voto da parte dei loro professori: «Sicuramente l’impossibilità di poter sperimentare il task ci ha fatto interrogare sulla motivazione degli studenti coinvolti. I ragazzi turchi sapevano che avrebbero ricevuto un voto mentre gli altri no» (P4, gruppo C). Anche nell’estratto F4 (gruppo B), l’insuccesso dell’esperienza didattica è attribuita ad altri. L’autore/autrice dell’intervento in forum, dopo aver presentato proposte di variazioni alla sequenza di attività sperimentate, attribuisce il parziale fallimento ai professori dei loro allievi, che non hanno motivato abbastanza questi ultimi a seguire con attenzione la loro proposta didattica:

F4: (penso che) gli studenti coinvolti debbano essere sufficientemente motivati dai propri professori, per evitare che venga percepita come un’attività extra-curricolare obbligatoria e che di conseguenza venga fatta controvoglia.

Seppure con varie eccezioni, emerge dunque una tendenza generalizzata a dare spiegazioni esterne all’insuccesso, atteggiamento che, come evidenziato in molti studi sul locus of control[6] (cfr. ad es. DWECK 2000, KIRAL 2019), può compromettere l’agency del docente, in quanto non ci si percepisce come artefice o responsabile dell’azione didattica, ma piuttosto come semplice ‘utente di un servizio’ e osservatore.

4.2 Agire in squadra e riflettere su sé stessi

Il secondo quesito di indagine (Quale relazione sociale emerge tra gli attori del processo formativo? In che misura emerge la capacità di riflettere criticamente e la consapevolezza delle capacità personali di intervenire sul contesto (teacher agency)?) evidenzia la capacità critica del formando in relazione ai ruoli dei partecipanti all’iniziativa. Intende inoltre mettere in luce se, e in che misura, il futuro docente è consapevole di ciò che è in grado di fare per cogliere le potenzialità della situazione formativa, prima, e didattica poi, e migliorare di conseguenza la qualità dell’intero processo.

Rispetto alla relazione sociale, un aspetto importante che emerge è la percezione dell’esperienza come condivisione. Nel forum (v. estratti F5, F6), qualcuno usa il soggetto plurale in riferimento alle scelte operate in una determinata situazione. Qui la connessione tra le capacità individuali, le risorse e le potenzialità del contesto sono lette in termini di agency condivisa con la collega. Una dimensione di lavoro tra pari che sarà molto utile nella pratica di insegnamento in futuro.

F5: Successivamente, avendo risolto la cosa, un* student* american* (non siamo sicure se fosse un ragazzo o una ragazza) aveva problemi di connessione sin dall’inizio, e dopo poco ha definitivamente abbandonato la sessione; stessa cosa per l’altra ragazza americana. Trovandoci alquanto disorientate da questo, cioè che la classe si fosse dimezzata, abbiamo alla fine deciso di iniziare con la sperimentazione con le sole due ragazze turche, facendo presente nella main room che due ragazz* fossero usciti.

«Trovandoci», «abbiamo… deciso» sono la narrazione di uno scegliere e agire assieme. Lo stesso accade nel seguente estratto (F6) in cui, ancora una volta, la capacità di interagire tra pari e di lavorare con gli altri per risolvere problemi è intesa come pratica e non come competenza astratta:

F6: Ci piacerebbe sapere quali sono state le impressioni a posteriori dei ragazzi con cui abbiamo lavorato, solo per avere un loro feedback. Ci rendiamo perfettamente conto di aver fatto poco ma speriamo, perlomeno, di aver insegnato loro qualcosa.

In questo ultimo estratto, in particolare, la riflessione critica riguarda quanto è stato fatto. Il racconto si chiude con un enunciato («speriamo, perlomeno, di aver insegnato loro qualcosa») che sembra rimandare a un quesito implicito: «abbiamo insegnato qualcosa?». Questo può essere letto come il segnale di una nuova prospettiva in cui si mette al centro la relazione tra le capacità individuali e le risorse dell’ambiente in cui si opera.

Il lavorare e agire assieme appaiono nell’uso dell’espressione «team molto collaborativo» che si incontra nella presentazione finale del gruppo E.

P5: Il nostro è stato un team molto collaborativo ed il rapporto tra colleghe si è rivelato eccellente e siamo state in completo accordo sin dall’inizio. Siamo molto contente di aver partecipato a questo progetto e ancor di più di essere riuscite appieno nella presentazione del task!

Nel questionario si individuano dei tentativi di mettere a fuoco le capacità e le responsabilità individuali. In Q7, ad esempio, la partecipante si interroga sulla validità del task pianificato, sulla sua «capacità di rompere il ghiaccio». Quindi appare un primo slancio di riflessione su sé stessa, che potrebbe essere preludio di una futura agentività. Prosegue però con alcune domande che riguardano più la dimensione esterna, ovvero la «motivazione degli studenti», la loro competenza in L2.

Q7: Sicuramente tutto questo mi ha portata a mettere in dubbio il task e la mia capacità di rompere il ghiaccio, ma soprattutto mi ha fatta riflettere sulla motivazione degli studenti. Come percepiscono l’apprendimento dell’italiano? Quali fattori sono entrati in gioco per far sì che B., la studentessa turca, fosse un pochino più partecipe rispetto a loro? Potrebbe essere anche la scarsa conoscenza della lingua, che magari li ha intimiditi?

Concludendo, emerge tra i formandi un sentimento di squadra e la capacità di sentirsi parte di un processo condiviso. Si notano tentativi di riflettere criticamente su sé stessi e sulle capacità personali di intervenire sul contesto (teacher agency).

4.3 Le risorse tecnologiche nella gestione della situazione didattica a distanza

La terza domanda di ricerca (Qual è l’impatto delle risorse tecnologiche e dei materiali utilizzati sulla capacità individuale di gestire la situazione didattica?) pone l’attenzione sull’interrelazione tra le risorse tecnologiche e i materiali impiegati nella sperimentazione del task e le capacità didattiche dei formandi, alla luce delle condizioni materiali già illustrate (cfr. par. 4.1).

Rispetto a questo terzo quesito, emerge in generale la consapevolezza che collaborare e insegnare una lingua a distanza, soprattutto in una situazione didattica temporalmente circoscritta come quella data e con gruppi di studenti poco noti, sia una sfida notevole per chiunque, tanto più per chi si sta ancora formando. Certamente, i problemi tecnici incontrati non fanno che rendere ulteriormente complesso il compito, inducendo spesso i partecipanti a rimodulare quanto progettato o ad elaborare strategie di rimediazione non previste durante la pianificazione delle attività.

Diversi partecipanti lamentano che il malfunzionamento dei dispositivi ha rallentato o reso complesso lo svolgimento della sperimentazione, generando a volte l’abbandono della sessione da parte di alcuni studenti. Tra queste criticità figurano in primis la scarsa connessione di alcuni partecipanti, il funzionamento inadeguato del microfono e, soprattutto, della webcam (v. anche F3, par. 4.1). Particolare significato viene attribuito all’uso della videocamera che, dato lo specifico contesto didattico della sperimentazione, viene interpretato come un’ulteriore ‘presa di distanza’ che complica ancor più la gestione della situazione didattica, come sottolineano i partecipanti del gruppo C (v. estratto F8) e del gruppo G (v. estratto P6):

F8: Dei tre ragazzi, solo una ha partecipato un pochino, ma poi è andata via anche lei. I ragazzi americani hanno invece fatto ghosting, erano cioè presenti alla riunione inizialmente, ma nei primissimi minuti di lezione, non hanno partecipato in alcun modo, né con le videocamere, né parlando con me.

P6: Siamo partite dal presupposto che è certamente difficile lavorare in telecollaborazione, per via di problemi di connessione, per via dell’eccessiva timidezza degli studenti che rinunciano a mostrarsi in webcam, a causa di chi pensa di potersi dedicare ad altro mentre l’insegnante parla dall’altra parte dello schermo.

In altri casi (es. gruppo D), le criticità tecniche che possono facilmente emergere nell’uso delle TIC, sono state gestite in modo efficace attraverso interventi di facilitazione che hanno consentito agli studenti alloglotti di partecipare. L’uso della chat, ad esempio, è servito a fornire chiarimenti o soluzioni degli esercizi, mentre il ricorso ad una velocità di eloquio rallentata ha facilitato la comprensione delle consegne:

F9: Io e la mia collega abbiamo creato e mantenuto un clima sereno, abbiamo coinvolto il più possibile entrambe le studentesse, abbiamo usato la chat per scrivere le soluzioni degli esercizi o per eventuali chiarimenti e abbiamo cercato di parlare lentamente, di fronte anche a un’espressa richiesta.

L’insorgere di problemi tecnici ha fatto in modo che anche il gruppo B si attivasse prontamente per elaborare delle strategie di rimediazione ad hoc capaci di promuovere la partecipazione attiva degli studenti, ai quali è stato chiesto di presentarsi utilizzando possibilmente la webcam:

F10: In seguito a questi problemi tecnici abbiamo chiesto di presentarsi, per conoscerci meglio, e in particolare Y. ha da subito acceso la videocamera e microfono (che ha poi mantenuto attivi per il resto dell’ora), seguita poi da B. (la quale invece ha tenuto la webcam spenta, forse per problemi di connessione). Nel complesso, le due ragazze si sono mostrate interessate e coinvolte, soprattutto Y.

Emerge infine, in alcuni casi, la tendenza a confrontare l’esperienza didattica online con quella in presenza, che resta comunque la situazione didattica preferibile: «Sicuramente una lezione in presenza sarebbe stata più proficua» (v. estratto F11, gruppo G).

Nei dati non appare tuttavia alcun commento che riguardi i materiali sulla metodologia TBLT  (task realizzati in altri contesti formativi), forniti durante la prima fase del progetto che avrebbero potuto fornire ulteriori stimoli di riflessione e di azione ai partecipanti (cfr. par. 2.1).

 

5.  Conclusioni

 

La presente ricerca mira ad esplorare in che misura il progetto GNILT, uno scenario formativo di telecollaborazione e un’esperienza di sperimentazione didattica, svoltasi a distanza, costituisca un ambiente favorevole a far emergere agentività nei partecipanti. Il modello formativo adottato capovolge la struttura tradizionale dei processi formativi per mettere al centro il formando. Per la definizione di «teacher agency» è stato utile il costrutto di agency impiegato da Priestley et al. (2015) per la formazione in servizio. Per l’analisi dei dati l’agency è stata letta in termini di capacità dell’insegnante in formazione di interpretare gli eventi di cui è protagonista, riflettendo sulle proprie capacità e responsabilità in relazione alle risorse e ai materiali messi a disposizione nello scenario formativo. Tale nozione implica anche la capacità di allontanarsi da modelli formativi tradizionali per accostarsi a modelli azionali ed esperienziali, in cui al formando vengono offerti gli strumenti e le opportunità (risorse, materiali, eventi) per stimolare una partecipazione attiva.

Per l’analisi tematica basata sul lessico e sul discorso adoperato dai formandi nei questionari finali, nei forum e nelle presentazioni finali, in particolar modo, le dimensioni iterativa e pratico-valutativa del menzionato modello sono state un’utile guida. Sono stati colti segnali di reiterazione di schemi interpretativi propri del passato dei formandi ma anche di movimento, verso modelli più innovativi, centrati sull’uso delle tecnologie e sulle capacità individuali, prendendo la distanza da modelli formativi tradizionali, più verticali.

In primo luogo, in gran parte dei testi, si manifesta il bisogno di ricondurre a condizioni esterne l’insuccesso dell’esperienza: il locus of control risiede fuori da sé stessi. Se la sperimentazione didattica con i giovani alloglotti non ha funzionato è per colpa dei loro professori che non li hanno motivati abbastanza, dicono alcuni. La carenza di motivazione alla quale sembrano far riferimento gli insegnanti in formazione non è quindi intrinseca al loro operato nel corso della sperimentazione (es. materiali utilizzati) ma scaturisce piuttosto da ciò che altri (non) hanno fatto prima di loro. Tale prospettiva riduce la capacità di cogliere ciò che è latente nelle varie situazioni didattiche e non consente perciò di intervenire con spirito di iniziativa hic et nunc e, in prospettiva, anche in una futura attività nelle classi. In secondo luogo, grazie al lavoro di gruppo agevolato dall’impiego delle tecnologie, si manifesta uno spirito di squadra, una sorta di ‘agentività collettiva’. Le TIC hanno così contribuito a modificare «modalities of being together»: persone situate in luoghi distanti creano «a collective ‘we’» (LEVY 1998: 15).

Si vedono inoltre flebili segnali di riflessione sul proprio operato e di critica del proprio lavoro. Soprattutto queste ultime tracce, per noi positive perché proiettate verso l’innovazione, servono a orientare la futura attività formativa, non senza aver prima messo in evidenza le nostre responsabilità e i possibili interventi sulla struttura del percorso per rendere migliore la qualità delle sue varie attività. La ragione per la quale i formandi raramente si sono chiesti cosa avrebbero potuto fare per intervenire attivamente nelle varie situazioni, è probabilmente da ricercarsi nelle limitate occasioni di confronto con noi, offerte ai formandi. Alcuni temi dovevano infatti essere approfonditi (es. materiali sul task-based syllabus) e discussi in gruppo con loro, non solo nel forum e nel corso di videoconferenze tra pari.

Anche sul piano della ricerca intendiamo intervenire in futuro, cercando di elicitare dati in modo mirato e pianificando lo studio prima ancora di avviare il percorso formativo di telecollaborazione. Strumenti di indagine (es. sondaggi, questionari e/o interviste), se strutturati in coerenza con gli obiettivi della ricerca, consentiranno di approfondire alcuni temi (es. la dimensione proiettiva) che abbiamo qui dovuto trascurare per carenza di contenuti nella documentazione dell’esperienza.

  

Riferimenti bibliografici

 

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[1] Il contributo è stato concepito e redatto in stretta collaborazione dalle autrici. In particolare, Edith Cognigni si è occupata della stesura dell’Introduzione e dei parr. 2, 4.1 e 4.3, Paola Leone dei parr. 1, 3, 4.2 e 5.

[2] Master di 1° livello in «Didattica dell’italiano L2/LS in prospettiva interculturale» (ITALINT), erogato dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata (https://masteritalint.unimc.it/).

[3] Il modello di agency di Priestley et al. (2015) costituisce la cornice teorica di uno studio empirico, denominato «Teacher agency and curriculum change», realizzato nel 2011-2012, finalizzato a indagare in che misura i docenti erano attori o inibivano il cambiamento in ambito didattico. I dati della ricerca sono elicitati tramite osservazione del comportamento degli insegnanti nelle loro scuole e interviste con domande mirate del tipo «qual è lo scopo dell’educazione».

[4] Il webinar, svoltosi il 18 marzo 2021, ha previsto un intervento della Prof.ssa Anna Lia Proietti (Yildiz Technical University) sul ruolo delle emozioni dello studente e dell’insegnante nella didattica di una lingua straniera, e un intervento del Prof. Daniele Fioretti (Miami University) sull’impatto dei fattori ambientali nell’apprendimento linguistico. Il webinar è stato anche l’occasione per familiarizzare con i contesti accademici degli studenti per i quali sarebbero poi stati progettati i task.

[5] https://www.facebook.com/Globally-Networked-Italian-Language-Teaching-101739978078306/?modal=admin_todo_tour

[6] Come sottolinea Kiral (2019: 99), «individuals have three different locus of control; internal, external and chance. Those who have internal locus of control believe that they can change the causes and results of incidents, those who believe in external trust in their families, relative, intimate environment or state in changing the course of events. Lastly, those who believe in chance hold superstitious beliefs or think chance, destiny, god or astrology play a significant role in how events evolve.»


Per citare questo articolo:

Edith COGNIGNI, Paola LEONE, « “GNILT – Globally Networked Italian Language Teaching”: uno scenario formativo di telecollaborazione per ridurre le distanze », Repères DoRiF, n. 27 – 2021 l’Odyssée des langues. La distance dans la dynamique des plurilinguismes, DoRiF Università, Roma, luglio 2023, https://www.dorif.it/reperes/edith-cognigni-paola-leone-gnilt-globally-networked-italian-language-teaching-uno-scenario-formativo-di-telecollaborazione-per-ridurre-le-distanze/

ISSN 2281-3020

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