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Laura OCCHIPINTI

Comunicare la crisi: ostacoli e strategie per un’informazione democratica

 

 

Laura Occhipinti
Alma Mater Studiorum Università di Bologna
laura.occhipinti3@unibo.it

 


Abstract

The emergency related to the Covid-19 pandemic highlighted the importance of investigating institutional language. Communication is always central for effective information exchange, particularly in emergency contexts characterized by uncertainty. This contribution examines the relationship between the linguistic complexity of institutional communication and the tendency to seek information from unofficial sources. The infodemic phenomenon can be contrasted mainly by using official sources: institutions must establish a trust pact with citizens, making communication more democratic. By analyzing official texts on vaccines and green passes from the Cov-I-Cor corpus, this research intends to make texts more understandable, encouraging people to use official sources.

Résumé

La crise liée à la pandémie de Covid-19 souligne l’importance d’examiner le langage institutionnel. La bonne communication est toujours au cœur de l’échange d’informations efficaces, en particulier dans des contextes d’urgence caractérisés par l’incertitude. Cette contribution examine la relation entre la complexité linguistique institutionnelle et la tendance à rechercher des informations auprès de sources non officielles. Le phénomène de l’infodémie peut être contré principalement en utilisant des sources officielles : les institutions doivent établir un pacte de confiance avec les citoyens, rendant la communication plus démocratique. En analysant les textes officiels sur les vaccins et les passeports sanitaires du corpus Cov-I-Cor, cette recherche vise à rendre les textes plus compréhensibles, en vue d’encourager les gens à utiliser des sources officielles.


 

Introduzione

La situazione di emergenza derivante dalla pandemia da Covid-19 ha riacceso l’ampio e lungo dibattito relativo al linguaggio istituzionale, mai realmente sopito e/o risolto. Numerosi, in effetti, sono stati gli studi volti a evidenziare le caratteristiche di questa varietà linguistica, in ragione della centralità che essa riveste, dal momento che disciplina le interazioni tra le amministrazioni e la collettività. A partire dagli anni ‘60, con il pionieristico studio di Tullio De Mauro (DE MAURO 1963), l’attenzione della ricerca si è focalizzata sulla semplificazione di questa varietà, percepita come fortemente complessa a diversi livelli di analisi. Allo studio di De Mauro hanno fatto seguito raccomandazioni, linee guida e volumi di stile che si sono ispirati al plain language[1] inglese. Nonostante questo, «i manuali di stile e gli strumenti di cui si può disporre per la scrittura di testi giuridico-amministrativi chiari e comprensibili restano spesso inutilizzati, lettera morta» (LUBELLO 2017: 101).

Alla luce di ciò, condurre un’indagine sul linguaggio istituzionale specificamente utilizzato per la gestione dell’emergenza sanitaria si ritiene essenziale: le fonti ufficiali dovrebbero essere il canale più attendibile a cui affidarsi in situazioni percepite come incerte, provvisorie e pericolose.

Il presente contributo mira a indagare il rapporto tra la complessità della comunicazione istituzionale, con i relativi problemi legati alla comprensione dei testi, e la tendenza a ricercare informazioni su canali meno ufficiali, di cui non sempre è possibile testare l’attendibilità.

Il fenomeno dell’infodemia, cioè la diffusione rapida ed eccessiva di informazioni, spesso erronee o fuorvianti, può avere impatti significativi su diversi aspetti della società. In contesti di emergenza sanitaria, contrastare questo fenomeno è di primaria importanza per preservare la salute pubblica. La circolazione non controllata di informazioni può influenzare negativamente le decisioni sanitarie individuali, contribuendo alla diffusione delle malattie e ostacolando gli sforzi di contenimento collettivi. La promozione di strategie efficaci per contrastare l’infodemia è quindi essenziale non solo per garantire una comunicazione basata sui fatti e sulla trasparenza ma anche per preservare la salute pubblica e la stabilità sociale.

Una delle strategie potenzialmente efficaci nel contrastare questa piaga della società moderna potrebbe essere il ricorso alle fonti ufficiali: le istituzioni devono creare un patto di fiducia con i cittadini, rendendo la comunicazione più comprensibile e pertanto più democratica per tutti. Analizzare i testi prodotti per la comunicazione pubblica da un punto di vista linguistico consente di individuare i punti di oscurità e complessità che influiscono sull’efficacia dello scambio comunicativo. Intervenire su questi aspetti significa rendere i testi più inclusivi e comprensibili, incoraggiando le persone ad attingere informazioni dalle fonti ufficiali, al fine di contrastare la disinformazione e la diffusione di fake news.

1. La comunicazione e la retorica

La comunicazione è alla base della società e non può prescindere da essa: fattori extralinguistici influiscono, o dovrebbero influire, sul modo in cui comunichiamo, sulla varietà di lingua che selezioniamo e sul mezzo espressivo che utilizziamo (GRAFFI, SCALISE 2013). Questi elementi, sebbene possano presentare caratteristiche peculiari, partecipano alla funzione comunicativa, determinando lo scambio di informazioni efficace.

La retorica è una componente essenziale nel plasmare il processo comunicativo: il rapporto tra comunicazione e retorica è infatti intrinseco, complesso e molto antico. Già Aristotele nel IV sec. a.C. attribuiva alla retorica, l’arte del saper dire, la facoltà di individuare, riguardo a ciascun soggetto, gli argomenti che possono essere persuasivi (ARISTOTELE 1996: Libro I). Sebbene Aristotele pensasse alla retorica come alla tecnica relativa all’ambito del possibile, più che alla verità, e dunque alla capacità di persuadere chi ascolta, ha individuato tre degli elementi che continuano a rivelarsi essenziali affinché una comunicazione sia efficace. Queste tre componenti, ethos, pathos e logos, permeano tutte le modalità di espressione comunicativa, contribuendo alla costruzione di un ragionamento solido e coinvolgente.

È necessario declinare queste componenti alla luce della varietà linguistica oggetto di studio e delle evoluzioni che questi concetti hanno subito nel tempo: la retorica nei testi istituzionali è un elemento cruciale che va oltre la mera trasmissione di informazioni. In questi contesti, la persuasione è spesso implicita: gli autori cercano di influenzare non solo l’interpretazione ma anche l’applicazione delle norme stabilite.

L’ethos si riferisce al carattere e al comportamento da assumere da parte di chi parla per generare credibilità e connessione con il destinatario. Nei testi istituzionali questo elemento assume un ruolo chiave, dal momento che non si possono trascurare le implicazioni pratiche connesse alla loro corretta interpretazione. È necessario, dunque, che questa tipologia di testi sia credibile e comprensibile da parte dei destinatari.

Il pathos coinvolge l’interlocutore: il termine, che ha il significato di soffrire, emozionarsi, si traduce nella capacità di far leva sul destinatario, rendendolo dunque parte attiva della costruzione del discorso, il logos. Ci riferiamo in questo contesto a una nozione di pathos che non verte direttamente sulle emozioni del destinatario, consapevoli che la neutralità emotiva è un aspetto caratteristico dei testi istituzionali. A differenza di altre forme di scrittura, questi documenti adottano un tono formale e professionale, mirando a trasmettere informazioni in modo obiettivo, rendendo così la persuasione meno evidente. Tuttavia, anche questa scelta di tono è, in sé, una strategia retorica, poiché cerca di stabilire un’apparente oggettività e imparzialità, essenziali per la validità di norme e regolamenti. La nozione di pathos, quindi, è da intendersi con una connotazione più ampia: considerare le esigenze del destinatario, utilizzare linguaggio e argomenti che non escludano l’interlocutore ma che suscitino coinvolgimento e interesse.

Con il termine logos, invece, si fa riferimento al ragionamento logico che porta alla formulazione del contenuto, del codice che viene espresso e della modalità discorsiva. Per quanto riguarda il logos dei testi istituzionali è fondamentale considerarne la dispositio, che guida il lettore attraverso un percorso logico di interpretazione dei documenti: un’organizzazione efficace del testo è un prerequisito essenziale per una corretta produzione; è una strategia retorica volta a massimizzare la comprensibilità del testo.

I tre elementi aristotelici possono essere collegati alla teoria della comunicazione di Roman Jakobson (JAKOBSON 1960), che individua sei funzioni fondamentali nella comunicazione connesse, in un rapporto biunivoco, alle sei componenti essenziali in uno scambio comunicativo. Mittente, messaggio e destinatario, simili agli elementi aristotelici, sono affiancati da contesto, codice e canale. La funzione emotiva di Jakobson può essere associata all’ethos aristotelico, poiché esprime l’attenzione del mittente al destinatario durante l’atto comunicativo. La funzione conativa riflette la partecipazione attiva del destinatario, simile al concetto di pathos, influenzando il mittente nella formulazione del messaggio. Jakobson evidenzia che la significazione avviene solo quando i partecipanti condividono lo stesso codice, attivando la funzione metalinguistica che consente la realizzazione della funzione poetica, l’organizzazione del messaggio, riconducibile al logos aristotelico.

Le funzioni referenziale e fatica sono particolarmente rilevanti nel contesto comunicativo a cui facciamo riferimento nel presente articolo. La funzione referenziale focalizza l’attenzione sul contesto effettivo in cui avviene la comunicazione; si tratta del contesto peculiare della situazione di emergenza legata al Covid-19 che dovrebbe comportare un’attenzione particolare al destinatario. Riprendere Perelman (1958) in questo contesto sembra doveroso data l’importanza da lui attribuita al destinatario. La sua teoria si allontana da un approccio tradizionale teorico universale per concentrarsi su un’idea specifica di pubblico: la retorica deve essere adattata alle preoccupazioni, ai valori e alle attitudini del destinatario. L’attenzione deve essere maggiore soprattutto quando il canale comunicativo attraverso cui il messaggio viene inviato non consente appieno la realizzazione della funzione fatica. In effetti, mentre sembra chiaro che ogni discorso orale si rivolga a un uditorio, l’«assenza materiale dei lettori [in un testo scritto] può far credere allo scrittore d’essere solo al mondo» (ivi: 9), ma non è così ed è necessario interessarsi maggiormente all’ipotetica comprensione del messaggio da parte del destinatario: manca un controllo diretto e costante come durante uno scambio comunicativo orale. Il problema principale è che «la comprensione viene data per scontata […]; perfino le scienze del linguaggio l’hanno a lungo ignorata e sottovalutata considerandola un mero rovesciamento della produzione linguistica» (CHIARI 2018: on-line).

2. Comprendere in situazioni di emergenza

Interrogarsi su quanto i destinatari comprendano i testi è fondamentale in ogni contesto ma si rivela essenziale in situazioni particolarmente complesse: la nostra indagine suggerisce una connessione più ampia tra la condivisione del codice e la comprensione del messaggio nell’ambito della comunicazione di emergenza. Nei casi in cui la collaborazione è necessaria per riuscire a contenere una data situazione, la pianificazione e le decisioni linguistiche prese per comunicare possono influire fortemente sul successo delle indicazioni fornite alla popolazione.

Dal momento in cui «la comunicazione in emergenza rientra […] nel novero della complessità, laddove gli effetti di un semplice messaggio, interagendo con le altre mille variabili del sistema, si amplificano in modo esponenziale, con effetti imprevedibili» (MANFREDI 2015: 21), bisogna arginare i fraintendimenti che possono scaturire da una comunicazione scorretta.

Per gestire efficacemente le emergenze, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha sottolineato la necessità di un’attenzione ancora maggiore al come comunicare, nel momento in cui le notizie da diffondere non sono di per sé certe o lo sono solo relativamente ai dati disponibili in un determinato momento. Il documento Communicating risk in public health emergencies (WHO 2017) è stato elaborato per i responsabili politici e decisionali nelle situazioni di emergenza; è antecedente alla diffusione della pandemia da Covid-19 che, però,

come numerosi altri eventi politici, economici, sociali e le trasformazioni scientifico-tecnologiche, è stata non solo un acceleratore linguistico che ha contribuito a un arricchimento e rinnovamento del lessico della nostra lingua ma ha anche riportato alla luce il tema della crisis e risk communication con particolare attenzione per la comunicazione tra lo Stato e i cittadini (BOMBI 2021: 5).

Le linee guida dell’OMS pongono l’attenzione su elementi e strategie che mirano a una comunicazione che sia il più efficace e proattiva possibile. Queste indicazioni sono state a lungo sottovalutate, e talvolta continuano a esserlo, da parte delle istituzioni che dovrebbero creare un patto di fiducia con i cittadini, patto che è mancato o è stato altalenante durante la pandemia. Per costruire e mantenere questa fiducia bisogna ottenere il coinvolgimento e la rassicurazione della popolazione, adottando delle strategie per rendere i documenti accessibili: utilizzare un linguaggio chiaro e semplice, fornire contesto e rilevanza, e incorporare esempi pratici.

Consapevoli che in un’emergenza inaspettata è molto difficile avere un quadro chiaro delle misure da adottare, non si può trascurare la componente di progettazione comunicativa che può essere alla base delle seppur incerte comunicazioni da fare/dare. È necessario bilanciare la comunicazione perché «l’information blackout e l’information overflow [sono] estremi che se oltrepassati generano meccanismi di crisi nella crisi» (MANFREDI 2015: 20).

La comunicazione delle autorità dovrebbe essere ponderata e includere esplicitamente anche informazioni in merito alle incertezze, evidenziando la mutevolezza delle situazioni e le relative conseguenze. La pianificazione strategica implica la valutazione dei bisogni, l’impostazione di obiettivi e la realizzazione di interventi coordinati tra le istituzioni e i molteplici canali comunicativi.

3. Pandemia e infodemia

Il Covid-19 ci ha messo di fronte a una pandemia dalle caratteristiche totalmente nuove: la prima durante quella che può essere definita la Terza Rivoluzione Industriale[2].

Lo sviluppo di tecnologie avanzate ha generato una vasta rete di connessioni, sia reali che virtuali.

Le notizie provenienti dalla Cina hanno preceduto la rapida propagazione del virus, sottolineando la tempestività e la velocità con cui le informazioni si sono diffuse rispetto all’epidemia stessa. A testimonianza della rapidità informativa, basti pensare ai primi documenti ufficiali da parte del governo che risalgono a quasi un mese prima dell’individuazione del presunto primo caso italiano. A questi testi ha fatto seguito una produzione informativa senza precedenti caratterizzata da spiegazioni scientifiche o pseudo tali sulle regole di propagazione del virus, quelle stesse regole che possono essere applicate anche al virus informativo. «Questa propagazione è ben descritta dai cosiddetti modelli reticolari, che evidenziano sorprendenti analogie tra le epidemie sanitarie, informatiche e culturali» (MANFREDI 2015: 22).

Non è un caso che il termine utilizzato per indicare il diffondersi di informazioni è virale, per estensione rispetto al significato di relativo a un virus: è un uso metaforico che trae origine dai meccanismi di contagio biologico. Questo neologismo semantico viene utilizzato «ogni qual volta una notizia, una fotografia, un brano musicale, più genericamente un’unità di informazione, si diffondono con velocità pressoché incontrollabile soprattutto nel web» (GHENO 2015: on-line).

La viralità, sia per quanto riguarda il virus che le informazioni, è un fenomeno di difficile previsione;

la tecnologia e la velocità rappresentano una complicazione decisiva: la situazione che caratterizza l’epidemia da Covid-19 mostra in effetti tratti mai osservati in precedenza. Lo sviluppo tecnologico ha infatti sia accelerato la diffusione delle notizie, sia creato una trasmissione delle medesime che potremmo definire “policentrica” (GRANDI 2021: 505).

Il fenomeno irrefrenabile di generazione e ricerca di notizie è tipico delle situazioni confuse e frastornanti. La pandemia «ha spinto cittadini, professionisti e aziende alla ricerca quasi ossessiva di informazioni credibili, districandosi tra eccessi apocalittici, sottovalutazioni, fake news e irresponsabilità digitali, istituzionali o mediatiche» (ALFONSO, COMIN 2020: 15). I fenomeni di ricerca e produzione di informazioni si sono alimentati in modo irrefrenabile, portando alla nascita, «a fianco della pandemia [, di] una infodemia dai contorni ancora frastagliati: ansiogena, confusa, senza punti di riferimento» (ibidem). Il termine infodemia è un calco formale della parola d’autore infodemic, coniata da David Rothkopf nel 2003. Questo neologismo, nato dall’unione delle parole informazione ed epidemia, è stato utilizzato per la prima volta in riferimento alla diffusione della Sars e indica «la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili» (TORCHIA 2021: on-line). Questa seconda epidemia può avere implicazioni anche maggiori della diffusione della malattia stessa, dal momento che «the information epidemic – or “infodemic” – has made the public health crisis harder to control and contain» (ROTHKOPF 2003: on-line).

Il problema della ricerca di fonti affidabili è sempre più urgente, soprattutto quando le informazioni sembrano essere contraddittorie, a volte false o fuorvianti, portando addirittura a una «deformazione della realtà nel rimbombo degli echi e dei commenti della comunità globale su fatti reali o spesso inventati» (BECCHETTI 2020: on-line).

Una ricerca condotta da Il Sole 24 Ore nel 2018 (Infodata) ha sottolineato che, in media, le persone che considerano vere notizie rivelatesi poi delle fake news sono pari al 54,6% del campione considerato, con un range che va dal 63% tra le nuove generazioni (25-34 anni) e il 52% tra i 45-54 anni. A questo dato preoccupante, si aggiungono studi statistici sui livelli di alfabetizzazione/istruzione della popolazione che sembrano avere una forte correlazione con i comportamenti assunti in una certa situazione. Dall’analisi Istat 2021 emergono dati piuttosto drammatici: in Italia continuano a crescere gli indici di dispersione scolastica e i livelli di istruzione continuano a essere al di sotto della media. Basti citare, a tal proposito, il livello di istruzione secondaria conseguito dalla popolazione tra i 24 e i 65 anni, principale indicatore del livello di educazione di un Paese. Nonostante rispetto all’analisi precedente (2019) la quota di persone con un titolo sia aumentata di 0,7 punti, il livello di istruzione si attesta intorno al 62,9%, con una differenza di almeno 15 punti percentuali rispetto agli altri Paesi europei. Questo dato non può essere trascurato nella fase di progettazione di un testo, specialmente in situazioni delicate.

Per una comunicazione efficace e che possa essere compresa dalla maggior parte della popolazione, infatti, è necessario comunicare in modo opportuno, seguendo i principi di specificità, coerenza, certezza (nei limiti del possibile), accuratezza e chiarezza.

4. I testi istituzionali: caso studio

Il linguaggio istituzionale sembra manchevole riguardo a chiarezza e semplicità espositiva (CORTELLAZZO 2021): affinché la comunicazione pubblica sia efficiente è necessario considerare i tipi di pubblico a cui ci si rivolge, che vanno dai singoli individui ad altre istituzioni pubbliche (VELLUTINO 2018).

In occasione della pandemia da Covid-19, la comunicazione istituzionale […] ha continuato a manifestare le sue croniche criticità, anzi accentuandole a un livello tale da dare luogo alla ripresa vigorosa e amareggiata di analisi scientifiche, appelli, tentativi di proporre alternative a un discorso che ha ignorato totalmente quanto negli anni sembrava ormai essere diventato un patrimonio di conoscenze e di proposte operative (VEDOVELLI 2021: 77).

Con linguaggio istituzionale si intende un vasto insieme di varietà che vanno dalle più vincolanti, in cui rientrano i linguaggi giuridico e amministrativo (specialistici), alle meno vincolanti, tra cui rientrano i linguaggi mediali, più direttamente indirizzati al pubblico.

Per questo lavoro, si è deciso di analizzare dieci testi istituzionali nazionali (sono stati esclusi i documenti prodotti da regioni, provincie e comuni), redatti per fronteggiare l’emergenza sanitaria, esemplificativi dei linguaggi del diritto e dell’amministrazione che sono

settori strettamente contigui; il secondo, peraltro, è storicamente una variante particolarmente estesa del linguaggio giuridico, con cui intrattiene un legame strutturale, dal momento che quest’ultimo rappresenta la fonte primaria della normativa burocratica: i testi amministrativi, anche se prodotti per situazioni e scopi comunicativi diversi, imitano l’impostazione e la lingua dei testi giuridici spesso degradandone l’assetto testuale (LUBELLO 2017: 10).

I testi selezionati sono stati estratti da Cov-I-Cor (OCCHIPINTI in revisione), un corpus di italiano istituzionale relativo alla gestione dell’emergenza sanitaria. Il corpus presenta un totale di 904 testi, relativi a un arco di tempo che va da gennaio 2020, con le prime informazioni relative al Covid, al 31 marzo 2022, data fine dello stato di emergenza. È un corpus monolingue, scritto, specialistico, sincronico.

I testi analizzati sono i Dpcm, disposizioni adottate dal Presidente del Consiglio dei ministri, per la gestione del tema vaccini e green pass, due argomenti attorno a cui non sono mancate vere e proprie fake news. L’arco di tempo ricoperto dalla normativa analizzata va dalla nomina del generale Figliuolo come Commissario straordinario per il coordinamento delle misure per il contenimento e contrasto dell’emergenza (3 marzo 2021), all’ultimo aggiornamento sulle modalità di verifica delle vaccinazioni e del green pass (2 marzo 2022).

Tutti i testi selezionati sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, fonte ufficiale di conoscenza delle norme attive a disposizione della popolazione. Affinché una legge o un provvedimento entrino in vigore è obbligatoria la pubblicazione in Gazzetta, motivo per cui i testi dovrebbero essere alla portata dell’intera popolazione.

La chiarezza espositiva è un principio costituzionale nel momento in cui sappiamo che il nostro regolamento giuridico si basa sul principio ignorantia iuris (legis) non excusat, espressione nata nel diritto romano ma ancora valida[3].

Ambiguità, vaghezza e ipotetiche interpretazioni contrastanti non consentono indicazioni sufficientemente chiare o dettagliate per orientare i destinatari della legge nella comprensione delle loro obbligazioni e dei loro diritti. Tutto ciò sembra essere in contrasto con il principio secondo cui tutti i cittadini devono comprendere i fondamenti che regolano la Repubblica, in modo da poterle essere «fedeli» (CORTE COSTITUZIONALE: art. 54) e avere piena coscienza del suo funzionamento.

5. Analisi della leggibilità e complessità linguistica

Alla luce delle considerazioni fin qui espresse, si è deciso di analizzare la leggibilità dei testi selezionati. I due fenomeni sono strettamente interconnessi e ci aiutano a far luce sulla percezione dei testi con annessa accessibilità e comprensione: possono guidarci nell’intuire le difficoltà di una comunicazione complessa come quella istituzionale. Attraverso un’analisi della leggibilità mediante strumenti informatici miriamo a un’indagine che sia più oggettiva e meno intuitiva relativa alla strutturazione e composizione dei testi, sottolineandone le caratteristiche che non sembrano rispettare i principi retorici e le linee guida trattati.

Diversi sono gli indici di leggibilità sviluppati per la lingua italiana che misurano la complessità linguistica a diversi livelli. Nello specifico, gli strumenti utilizzati per questa analisi sono stati Read-IT (DELL’ORLETTA et al. 2011) e Tint 2.0 (APROSIO PALMIERO, MORETTI 2018).

Per determinare l’indice di complessità di un testo è necessario considerare varie caratteristiche linguistiche, calcolate alla luce di differenti parametri, che partecipano a un’analisi linguistica multilivello. Alcuni degli elementi considerati fanno riferimento a caratteristiche superficiali del testo, come ad esempio la lunghezza delle frasi e quella delle parole. Questi sono i due parametri principali considerati dal primissimo indice di misurazione tarato sull’italiano, l’indice Gulpease (LUCISANO, PIEMONTESE 1988), che incrocia il dato linguistico con il livello di istruzione della popolazione italiana.

L’indice è rappresentativo di un range che va da 0, leggibilità molto bassa, a 100, leggibilità più alta, suddiviso in tre sotto intervalli, connessi al grado di istruzione, che si dispongono in un continuum:

  • un indice inferiore a 80 si riferisce a testi difficili per chi ha la licenza elementare;
  • i testi il cui indice è inferiore a 60 sono difficili anche per chi ha la licenza media;
  • un indice al di sotto del 40 è rappresentativo dei testi difficili anche per chi ha una licenza superiore.

Per quanto questo dato sia abbastanza significativo è necessaria un’analisi che vada oltre la surface linguistica. Read-IT unisce ai parametri quantitativi appena descritti il calcolo della lunghezza del testo in numero di periodi e una serie di parametri relativi al lessico e alla sintassi[4], che ci consentono, attraverso misurazioni matematiche, un’analisi più qualitativa. Tre sono gli indici (base, lessicale e sintattico) calcolati mediante Read-IT, combinati poi in un valore Read-IT globale.

Nella tabella sono riassunti i valori estratti dall’analisi dei testi, interpretando i quali si possono dedurre diverse considerazioni generali che approfondiremo osservando nel dettaglio alcune frasi.

Tabella 1: Indici di leggibilità e complessità dei Dpcm analizzati; la data corrisponde al giorno di pubblicazione in Gazzetta

Tutti i documenti si collocano intorno a un valore Gulpease pari a 40 e pertanto sono difficilmente comprensibili anche per persone con licenza superiore.

L’attenzione al destinatario, principio cardine di tutti gli approcci retorici-comunicativi, non viene rispettata: la maggior parte della popolazione non è in grado di comprendere questi testi. Dall’indice globale Read-IT infatti emerge una percentuale di complessità pari al 100% in tutti i testi, con le opportune differenze per quanto riguarda gli indici relativi al lessico e alla sintassi.

La strutturazione delle frasi, con una prevalenza di subordinate rispetto alle coordinate o alle frasi semplici, rende la sintassi del testo labirintica per tutti i testi analizzati, la cui percentuale di complessità sintattica è pari quasi al 100%.

Il dato lessicale è quello che presenta maggiori diversificazioni, coprendo un range che va dall’1,20% di complessità fino a un massimo di 76,20%. L’analisi lessicale è condotta considerando parametri quali la densità lessicale, definita come la quantità di parole utilizzate in un testo rispetto alla sua lunghezza complessiva; il rapporto type/token (TTR), che confronta il numero totale di parole nel testo (token) con il numero di parole uniche o diverse presenti (type) e la percentuale di termini appartenente al Nuovo Vocabolario di Base (Nvdb, DE MAURO 2016).

I risultati variabili relativamente al lessico emersi dall’analisi sono indicativi di una non-coerenza complessiva rispetto al registro utilizzato in testi con la stessa valenza informativa: sappiamo che in questi testi i termini tecnici sono fondamentali ma generalmente si ricorre a un lessico ricco di tecnicismi innecessari, i cosiddetti tecnicismi collaterali. Questi ultimi sono sentiti utili per il mantenimento di un tono aulico ma in realtà sono solo «particolari espressioni stereotipiche, non necessarie, a rigore, alle esigenze della denotatività scientifica» (SERIANNI 1985: 270) e rendono meno fruibili i testi da parte dei parlanti.

Abbiamo effettuato nuovamente l’analisi con Read-IT sulle frasi esempio selezionate, in modo da avere una panoramica più dettagliata che ci aiuti a dimostrare la valenza delle riflessioni generali formulate.

L’esempio sotto riportato è tratto dal Dpcm del 2 marzo 2022:

1) Per i soggetti provenienti da uno Stato estero, in possesso di un certificato digitale interoperabile con il gateway europeo generato da più di sei mesi (centottanta giorni) dalle competenti autorità sanitarie estere di avvenuta vaccinazione anti SARS-CoV-2, con un vaccino autorizzato o riconosciuto come equivalente in Italia, la predetta modalità di verifica per l’accesso ai servizi e alle attività per i quali sul territorio nazionale sussiste l’obbligo di possedere una certificazione verde COVID-19 da vaccinazione o guarigione richiede in aggiunta una certificazione che attesti l’esito negativo del test antigenico rapido o molecolare, avente validità di quarantotto ore dall’esecuzione se antigenico rapido, o di settantadue ore se molecolare.

Come evidente, la lunghezza della frase va ben oltre le 25-30 parole suggerite dalle numerose linee guida relative alla semplificazione del linguaggio istituzionale[5]: ci troviamo di fronte ad una frase di 112 parole. Il caso purtroppo non è isolato: la maggior parte dei periodi che compongono questi testi è lunga e contorta.

Il contenuto informativo è molto denso ma poco chiaro: appare abbastanza difficile individuare quale sia il soggetto sintattico e quale l’informazione saliente veicolata. Read-IT individua 9 proposizioni[6] in questa frase, con una media della profondità dell’albero sintattico pari a 27, significativo di un incassamento gerarchico complesso tra le proposizioni.

L’indice di complessità lessicale risultante dall’analisi specifica è molto alto, pari al 99,4%. Il lessico utilizzato è vario come testimoniato dal risultato del TTR: circa il 73% delle parole presenti in questo periodo è unica, dato confermato anche dall’alta densità lessicale calcolata rispetto alle prime 100 parole del periodo.

Allo studio condotto mediante Read-IT è stata affiancata l’analisi con Tint 2.0 che aggiunge ai parametri lessicali, che in Read-IT si riferiscono sempre al macrocontesto frase-testo, informazioni relative a ogni singola parola, con riferimento al Nvdb. A circa la metà delle parole presenti nell’es.1 viene attribuito l’indice di complessità lessicale più alto (4): la maggior parte delle parole utilizzate non è dunque usata dalla maggioranza della popolazione. Inoltre, non mancano anglicismi (gateway) e tecnicismi collaterali (predetta, in aggiunta) che, sebbene possano essere percepiti come più precisi, potrebbero richiedere un’attenzione particolare dei destinatari per garantire la comprensibilità e l’accessibilità del testo.

Anche nei casi, come quello qui riportato (es. 2), in cui il lessico utilizzato è meno vario, presentando una densità lessicale più bassa rispetto all’es. 1, non mancano parole quali fruizione, vigente che potrebbero essere sostituiti da termini più frequenti e comuni (utilizzo, in corso).

2) Nei casi in cui la fruizione di servizi, lo svolgimento di attività e gli spostamenti sono consentiti dalla vigente legislazione esclusivamente ai soggetti con una certificazione verde COVID-19 di avvenuta vaccinazione o guarigione, l’applicazione di cui al comma 1, il pacchetto di sviluppo per applicazioni di cui al comma 10, lettera a), e le librerie software e le soluzioni da esse derivate di cui al comma 12 permettono di selezionare una modalità di verifica limitata al possesso di una delle predette certificazioni, senza rendere visibili le informazioni che ne hanno determinato l’emissione.

​Questa frase, la cui lunghezza è significativa (92 parole), presenta numerose subordinate ed espressioni che potrebbero essere sostituite per snellire il testo. Tanti sono i rimandi legislativi che, sebbene fondamentali, non consentono un accesso immediato alle informazioni e dunque sono testimonianza di una dispositio del testo fallace.

I due esempi riportati sono sovra estensibili a quasi tutte le frasi del nostro campione: le buone pratiche suggerite non sembrano essere state applicate.

Potrebbe essere molto utile addestrare un sistema di semplificazione automatica (SAGGION 2017) per questo genere testuale in quanto supporto alla comprensione, almeno in questa fase di transizione, durante la quale (ci si augura) la Pubblica Amministrazione (PA) continuerà a formarsi e a adattarsi alle linee guida proposte. La scarsità di dati per questo task linguistico non consente un addestramento efficace dei modelli di semplificazione, motivo per cui è necessaria la creazione di nuovi corpora paralleli.

La struttura sintattica presenta una complessità intrinseca che, però, non risparmia il lessico. Per quanto i valori sembrino essere più oscillanti e dunque ci sono frasi lessicalmente fruibili, si ritiene che il mero calcolo delle parole contenute nel Nvdb non basti come parametro di complessità relativo alle singole parole. In effetti, questo dato non tiene conto delle risemantizzazioni a partire da parole del lessico comune, caratteristica significativa dei linguaggi specialistici. Le parole di uso comune, in effetti, acquistano un valore tecnico attraverso specializzazioni o estensioni di significato che, talvolta, rendono il testo più vago e polisemico, a fronte di un’attribuzione di senso univoca tipica dei linguaggi settoriali. Basti pensare, a titolo esemplificativo, alla parola soggetto, inclusa in entrambe le frasi esempio presentate. Mentre nel linguaggio comune soggetto può riferirsi genericamente a una persona o a un argomento, nel linguaggio istituzionale ha una connotazione più specifica legata a persone coinvolte in questioni legali, entità giuridiche riconosciute o individui con diritti e doveri sotto la legge. È necessario dunque differenziare questi tecnicismi dalle parole di uso comune per riconoscerne una maggiore complessità. Per questo motivo, lo sviluppo di un sistema efficace di individuazione di parole semplici/complesse nei testi che prenda in considerazione numerosi parametri linguistici, oltre alla sola frequenza, si ritiene essenziale.

Conclusioni

Il linguaggio istituzionale si conferma complesso e oscuro, nonostante i numerosi tentativi di semplificazione sulla base delle linee guida teorizzate: buone pratiche che, nel concreto, non hanno portato ad alcuna miglioria.

La persistente complessità e oscurità del linguaggio istituzionale, nonostante gli sforzi di semplificazione, può essere attribuita a diversi fattori intrinseci: la tradizione e la formalità delle istituzioni spesso resistono ai cambiamenti linguistici, mantenendo un linguaggio consolidato nel tempo, mascherando la resistenza all’innovazione dietro la necessità di precisione, di cui spesso i testi sono manchevoli. Sicuramente la gestione di questioni normative complesse richiede l’uso di termini specifici che dovrebbero evitare ambiguità e interpretazioni errate, ma questo intento non è supportato dall’uso di tecnicismi collaterali o parole inutilmente auliche. Sappiamo, in effetti, che la retorica dei testi istituzionali si fonda sulla chiarezza intesa come comunicazione efficiente che deve evitare ambiguità e complessità inutili adattandosi ai destinatari.

La semplificazione automatica potrebbe essere un supporto molto utile per la comprensione dei testi e per la riduzione della loro complessità. Proprio tale complessità, con relativa frustrazione dei parlanti nel provare a comprendere i testi ufficiali, comporta la ricerca di informazioni in altri tipi di fonti che non si rivelano sempre affidabili. Per sopperire a questo urgente problema il governo «ha nominato una specifica task force di giornalisti volti a monitorare e contrastare la diffusione di fake news [e] a sensibilizzare i cittadini» (ALFONSO, COMIN 2020: 13) affinché si affidassero ai canali di comunicazione ufficiali. L’unica soluzione possibile sembra essere quella di rendere più comprensibili i testi amministrativi/normativi in modo che la comunicazione con i cittadini risulti più efficace, anche quando questa è mediata (linguaggi mediali). Gli intermediari devono capire senza fraintendimenti quello che c’è scritto nei documenti, in modo da trasferire informazioni corrette. È bene ricordare che una chiarezza nella forma comporta necessariamente una chiarezza nel contenuto e che la PA è fatta di persone. Per quanto queste ultime siano esperte dell’ambito, spesso assumono atteggiamenti automatici verso questa varietà linguistica fossilizzata che, quasi al pari di una lingua morta, non sembra aver subito le normali evoluzioni linguistiche.

Intervenire sulla lingua è un requisito necessario per fare in modo che i cittadini consultino fonti affidabili o che possano almeno controllare la veridicità delle altre fonti di informazione mediante un confronto con quelle ufficiali: una possibile terapia a quella che può essere considerata una vera e propria malattia della contemporaneità, l’infodemia. Affrontare questa sfida richiede un cambio culturale, sforzi organizzativi coordinati e, in alcuni casi, la revisione delle normative che influenzano la comunicazione istituzionale.

 

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[1] Il termine plain language si riferisce a uno stile di comunicazione scritta o verbale chiaro, semplice, che possa essere comprensibile e accessibile a qualsiasi pubblico. Il movimento ufficiale per promuoverne l’uso è nato negli Stati Uniti negli anni ‘70.

[2] Parliamo di Terza Rivoluzione Industriale con riferimento allo sviluppo del settore dei servizi e delle comunicazioni, consapevoli che ormai è possibile parlare di Quarta Rivoluzione Industriale in relazione al progresso connesso all’Intelligenza artificiale.

[3] Il principio «Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge» (art. 5 Codice penale), sebbene applicato all’ambito penale, «ha una valenza e una portata […] applicabile indistintamente a tutte le norme dell’ordinamento» (CICALA, FEDRIGA 2003: 14).

[4] Per una panoramica approfondita si rimanda a http://www.italianlp.it/wp-content/uploads/2016/01/Documentazione-READ-IT.pdf

[5] Per una panoramica esaustiva si veda Lubello (2017).

[6] Sappiamo che normalmente viene definita proposizione qualsiasi frase che contenga un verbo. Nel caso specifico vengono riconosciute come tali da Read-IT anche le frasi che contengono dei participi con funzione aggettivale (proveniente) o sostantivi di stato (possesso) che veicolano informazioni facilmente trasmissibili mediante l’utilizzo di verbi.

 


Per citare questo articolo:

Laura OCCHIPINTI, « Comunicare la crisi: ostacoli e strategie per un’informazione democratica », Repères DoRiF, n. 29 – Discours autour de la pandémie : configurations interdiscursives et diatopiques d’un fait de crise en évolution, DoRiF Università, Roma, aprile 2024, https://www.dorif.it/reperes/laura-occhipinti-comunicare-la-crisi-ostacoli-e-strategie-per-uninformazione-democratica/

ISSN 2281-3020

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